Risuonerà ancora nel cuore del prossimo Avvento la parola potente dell’Apostolo Paolo: «Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie».
(1Ts 5,16-18)
Un invito che appare paradossale oggi, in un mondo così segnato da contraddizioni e violenze; ma non era in effetti molto più pacifico il mondo antico, in cui Gesù venne alla luce.
Noi riascolteremo nella notte di Natale le parole degli Angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2, 14).
La “grande gioia” che essi proclamano ai pastori poteva certamente sembrare fuori luogo nella Palestina, già allora segnata da odio e contrapposizioni; tuttavia i pastori accolgono il messaggio e si muovono ad incontrare il bambino, sanno gustare quella gioia sorprendente.
Sapremo muoverci noi in questo Avvento incontro alla venuta di Cristo? Sapremo accogliere quella gioia che Lui solo ci offre, e che ci è stata richiamata da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium? Sapremo noi stessi diventare evangelizzatori, annunciatori?
Ci rendiamo conto che si tratta, nella sua profondità, di un problema di discernimento, di riconoscimento. Tra i segnali contraddittori e confusi, lo Spirito Santo invita a riconoscere la rotta tracciata da Dio. In quello che potrebbe apparire, ad uno sguardo distratto o pessimista, un campo pieno di erbe cattive, lo Spirito aiuta a riconoscere il grano buono, il Regno di Dio che cresce.
È il percorso che la Chiesa di tutto il mondo sta intraprendendo, come è avvenuto nella recente sessione straordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicato ad affrontare le «Sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione»; è il percorso che anche la Chiesa che è in Italia ha già intrapreso, avviandosi alla celebrazione del Convegno ecclesiale di Firenze, orientato a riscoprire in Cristo la cifra sintetica del nuovo umanesimo, nella convinzione che sia possibile anche nel nostro tempo ritrovare le coordinate dell’essere uomini e donne “a immagine di Dio”.
Ancora una volta è la parola forte dell’Apostolo a indicare la via: «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (
1Ts 5,21). Nella lettera ai Tessalonicesi l’invito è rivolto a una comunità che correva il rischio di “spegnere lo Spirito” e “disprezzare le profezie”: forse per paura della novità, forse anche per una ragionevole diffidenza verso eccessi già verificatisi. L’Apostolo invita a ritrovare fiducia e fermezza: il discernimento dei credenti, riuniti nel nome di Cristo, non ha barriere preventive; ogni elemento può essere valutato, nella convinzione che sia possibile discernere e mantenere solo ciò che è buono. In queste parole di Paolo troviamo un messaggio sintetico e pregnante, capace di accompagnare le nostre comunità verso un’azione pastorale coraggiosa, aperta all’incontro e al dialogo con ogni realtà, eppure consapevole della propria singolare identità, che porta ad astenersi «da ogni specie di male» (
cf. 1Ts 5,19-22).
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